Systema

Cos'è il Systema?

Cos'è Systema?

Il lavoro di Systema parte dal lavoro sulla persona, poiché conoscere se stessi è il primo passo per riuscire a conoscere gli altri.

I primi mostri contro cui combattere sono proprio le paure, alle quali si associano anche una serie di tensioni (psicofisiche) che impediscono di reagire prontamente al pericolo.

Essere coscienti delle proprie capacità ci rende sicuri di noi, perché sia sopravvalutarci che sottovalutarci ci fa percepire in modo errato la gravità di un pericolo e se siamo in grado di sostenerlo.

Conoscere i propri limiti è molto importante perché ci permette anche di poter lavorare su di essi.

Systema è tutto questo: la presa di coscienza delle proprie tensioni e lo strumento per poterle superare: il Respiro.

Il respiro si pone alla base della capacità di veicolare e guidare le emozioni, in modo da non essere sopraffatti da esse ed essere pronti ad una reazione, coerentemente con il contesto in cui ci troviamo e senza distorsioni, senza esagerazioni, senza blocchi, che ci facciano pensare di essere inadeguati alla situazione.

Systema si basa sul condizionamento della mente tramite il corpo.

La paura del contatto è una delle paure più grandi: il colpire e l’essere colpiti. Esiste nel Systema, infatti, tutta una serie di esercizi volti proprio ad eliminare questa paura. Se riusciamo a percepire come il nostro corpo risponde ad un colpo o ad una pressione, riusciamo a capire come il corpo degli altri risponde alle nostre pressioni e ai nostri colpi e siamo anche noi più preparati a gestire colpi e pressioni.

Systema è adatto a qualsiasi tipo di corporatura (ed età), proprio per il principio di rilassamento che c’è alla base.

Il rilassamento permette di percepire e quindi sfruttare le tensioni dell’avversario ed avere quindi maggiori possibilità di sopravvivere allo scontro, in quanto può risultare controproducente e pericoloso contrapporsi alla forza con la forza, mentre spesso è più sicuro non opporsi ad un attacco e far sì che si esaurisca da solo.

La pratica di Systema non prevede un insegnamento della tecnica pura, ma prevede una ricerca (tramite i principi di movimento propri del Systema stesso) della tecnica adatta ad ogni singolo individuo in una determinata situazione.

Nella difesa personale, campo in cui Systema si è diffuso in tutto il mondo grazie a Mikhail Ryabko e Vladimir Vasiliev, imparare migliaia di tecniche è scarsamente funzionale alla contingenza di una situazione di pericolo. Questo è determinato dal panico che impedisce la gestione di una così grande mole di conoscenze, facendo arrivare al paradosso di sentirsi bloccati. Mentre la conoscenza di come il proprio corpo risponde ad una vasta gamma di esperienze, provate in allenamento, infonde sicurezza e permette una risposta immediata, perché già sono chiare le capacità di reazione proprie di qualsiasi individuo (ad esempio una tecnica di forza potrebbe andare bene per individui con una certa corporatura, mentre potrebbe essere totalmente inefficace per individui esili).

Systema è nato per sviluppare velocemente delle grandi capacità in campo bellico, perciò si è cercato di abbreviare il più possibile il processo di adattamento al combattimento, in modo che il singolo individuo possa sviluppare coordinazione e sensibilità necessarie e sufficienti a permettergli di gestire le più svariate situazioni, invece di fornire una vasta serie di tecniche tra le quali trovare quella più efficace per sé.

Il principio Neurologico del Systema

Principio neurologico di Systema

Se noi consideriamo un combattimento, il fattore veramente rilevante è la velocità di risposta ad un dato stimolo (attacco, minaccia, etc.). Questa dipende da numerosi fattori, tra cui la tempestività di azione.

Le varie discipline di combattimento hanno sviluppato diverse strategie per ottenere un vantaggio di tempo rispetto all’avversario. Molti corpi speciali limitano l’addestramento a poche tecniche generiche, basate su specifiche abilità motorie. L’idea alla base di questo approccio è la seguente:

  • per prima cosa bisogna diminuire il tempo di decisione della mente, in modo da ridurre il tempo di reazione (tempo di risposta) ad un attacco.
  • inoltre si cerca di sviluppare le abilità motorie, quali la mobilità articolare e la scioltezza, che permettono alle persone di muoversi anche in ambienti ristretti.

La risposta del nostro cervello ad un attacco fisico è molto complessa e variegata. Lo studio di tale risposta è importante per capire il tempo di reazione nel caso di un approccio “inconscio” (Systema), in opposizione l’approccio di scelta consapevole.

Quando il nostro cervello si prepara per un movimento, per esempio, in risposta a un attacco alla nostra persona, lo farà immediatamente, senza attivare i muscoli e senza una consapevole coscienza. Questo significa che il cervello ha qualcosa come un “emulatore”.

Prima che il nostro cervello prenda coscienza di un movimento istintivo, deve inserirlo nelle sue mappe. Questo passaggio implica delle attivazioni ormonali, modifiche della pressione sanguigna e tutta una serie di adattamenti psicofisiologici. L’unica cosa che manca è l’attivazione dei nostri muscoli (e della nostra consapevolezza). Il movimento che viene inserito negli schemi del nostro cervello ci appare, a livello cosciente ogni qualvolta lo riproponiamo, sempre originale, benché in realtà sia già inserito negli schemi cerebrali.

Se il movimento è diretto dal nostro inconscio e tale movimento avviene spontaneamente, allora la nostra risposta cosciente sarà la risposta che viene detta “secondaria” e viene guidata dal cervello.

Tuttavia, nell’esempio del controllo della mente cosciente (SWAT team, forze speciali…), è sempre necessaria una selezione tecnica prima di attivare i muscoli attraverso una terza risposta.

Un numero limitato di tecniche diminuisce il tempo di selezione, ma rimane comunque il terzo percorso del cervello quando viene applicato un approccio consapevole.

Systema invece si basa sulla risposta inconscia (automatica), il che significa che possiamo agire (o meglio, reagire) attraverso la risposta secondaria, senza passare quindi attraverso la scelta della tecnica; infatti non vengono insegnate delle tecniche specifiche, ma tutto si fonda sull’esperienza diretta dell’allievo.

I Neurologi si riferiscono a questi movimenti di reazione automatica come modelli di azione fissa (FAP). Quindi è attraverso le esperienze del passato, che il corpo ha imparato a reagire in un certo modo, in determinate circostanze (Trigger Event – Eventi Stimolatori), in modo da ridurre il tempo di reazione e il “pacchetto movimento” è applicato in modo coordinato quando necessario, senza che il cervello debba ripetutamente riprendere il percorso di scelta.

Questi modelli possono variare dalle schivate molto semplici a schemi di movimento complessi, schemi che, tuttavia, non sono sempre la scelta migliore o più efficiente per ogni circostanza.

Per esempio, se si tocca un oggetto caldo, si ritrae la mano immediatamente, in un FAP, ma se qualcuno blocca il dito in una serratura, questo stesso FAP si attiverà ma si avrà una situazione peggiore, perché si è andati ad aumentare la pressione sul dito bloccato. Come possiamo cambiare questa situazione e come possiamo cambiare il FAP o qualsiasi altro movimento di reazione automatica? La risposta è l’allenamento.

L’allenamento ha la possibilità di far ignorare il FAP corrente e sostituirlo con un altro.

Il cervello ha molte mappe del corpo, sparse in tutta le sue diverse aree. Quelle più importanti (e famose) sono le mappe del motore principale dei neuroni sensoriali, alle quali ci si riferisce come “humunculi”. Queste mappe del corpo interagiscono in modo gerarchico, da quella con il più basso grado a quella con il grado più alto.

Le informazioni provenienti dal corpo entrano nelle mappe sensoriali primarie e poi salgono attraverso complesse procedure di elaborazione e costante rivalutazione fino a livelli di mappe superiori.

Più è alto il livello a cui viaggiano le informazioni e più informazioni vengono inserite nella trasformazione di un’azione come emozioni, ricordi, immagini del corpo, credenze, modelli di dolore ecc, ecc.

Alla fine viene decisa la reazione appropriata ed emulata, poi si muove attraverso la gerarchia fino alle mappe motorie primarie, da cui i muscoli sono attivati e posti in un movimento cosciente.

Il punto interessante qui è che possiamo apprendere modelli specifici (tecniche) o possiamo anche insegnare al nostro corpo come muoversi in modo rilassato in schemi di movimento generali (i principi di movimento del Systema).

La differenza è che permettiamo al nostro corpo di raggiungere le proprie soluzioni per ogni singolo problema, fintanto che aderisce a principi scelti, come rilassamento, efficienza e movimenti naturali.

Il sistema nervoso funziona attraverso ciò che chiamiamo “facilitazione”, in termini semplici, più usiamo un’azione più è probabile che la stessa azione sarà scelta la prossima volta.

Tuttavia, se andiamo continuamente a variare i movimenti particolari, pur mantenendo lo stesso modus operandi, con il tempo la qualità di questa abitudine comincerà ad instillarsi essa stessa come una risposta FAP, senza che vi sia uno specifico modello di movimento favorito collegato ad essa. Il cervello poi potrà accoppiarvi il modello di movimento che riterrà più appropriato. Si tratta di un approccio molto diverso dall’insegnamento di nomi e tecniche specifici per situazioni specifiche.

Un vantaggio del “approccio principio” contro l’ “approccio tecnica” è che il cervello non si annoia attraverso la ripetizione infinita degli stessi movimenti. Una volta che i principi si sono affermati, si ha una serie illimitata di “risposte principio” a disposizione invece di una serie limitata di tecniche.

Abbiamo formato i nostri corpi a raggiungere le proprie soluzioni, in modo creativo, per ogni situazione, pur sviluppando dei percorsi preferenziali di risposta, dipendenti dalle abilità individuali. È anche molto importante sottolineare che il rilassamento è assolutamente indispensabile per poter lavorare inconsciamente.

Quando afflitto da tensioni (paura, rabbia, etc.) il nostro cervello perde la sua capacità di essere creativo, di lavorare in multitasking e, infine, non riesce a far funzionare in modo efficiente il tutto.